CORSI DI BALLO SWING- SUMMER EDITION!!

64841477_1237208166441870_7440025019108818944_o

CORSI DI BALLO SWING- SUMMER EDITION!!

Sticky
Giu 24, 2019
0

☞ Dove? —–> Sant’Erminio, Strada Eugubina, 48 • Perugia
☞ Quando? —> Tutti i MARTEDI’ > dalle 20:00 alle 23:30

>> dal 9 al 30 LUGLIO 2019 <<

★★★ CORSO di AUTHENTIC CHARLESTON 20’S ★★★
******************* SUMMER EDITION ************************
>>> Dalle ore 20,00 alle ore 21,15 <<<
>>> LIVELLO OPEN <<<
Insegnante: Martina Guidi

★ Pronti per un’immersione estiva nei Ruggenti anni ’20? ★

★ Un ballo singolo per migliorare anche quello di coppia,
per acquisire e perfezionare ritmo, stile e musicalità, per dare spazio all’improvvisazione e alla creatività!
★★ Vuoi muoverti liberamente anche senza partner, improvvisando sulla musica?
Questo corso è perfetto per te!
★★★ Imparerai gli steps più famosi dei ruggenti anni ’20, e ci divertiremo a creare nuove routine di passi giocando sulla musica!

Consigliatissimo per chi non ha esperienza e per chi ne ha già, ma vuole perfezionare e personalizzare il proprio stile di ballo!
•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••

★★★ CORSO di BOOGIE WOOGIE ★★★
******************* SUMMER EDITION ************************
>>> Dalle ore 21,30 alle ore 23,30 <<<
>>> LIVELLO BEGINNERS <<<
Insegnanti: Norma Fornari e Francesco Raimondi

★ Il Boogie Woogie è un ballo di coppia scatenato ed energico, basato sulla capacità d’improvvisazione e sulla musicalità.

★ LIVELLO BEGINNERS:
PRINCIPIANTI >> adatto a chi muove i primi passi, e a chi vuole rispolverare la tecnica e le basi imparate in passato.

★★ I requisiti necessari per poterlo ballare sono la voglia di divertirsi e lasciarsi trasportare dalla musica e dal ritmo sfrenato

★★★ Perfetto per chi vuole avvicinarsi a questo mondo, e non ha mai ballato Boogie Woogie!
Durante questo corso estivo imparerete i passi base e le prime combinazioni che vi permetteranno di divertirvi nella social dance.
Lasciatevi coinvolgere e trasportare da un ritmo sfrenato!

*Si consiglia un abbigliamento comodo e scarpe da ginnastica o specifiche per il ballo per chi le possiede già. Sconsigliati tacchi alti e stivaletti, preferire scarpe comode e con fondo in gomma.*
•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••
Contatti e Info
tel: +39 340 650 5521 • +39 329 855 5398
mail: happyfeet.perugia@gmail.com
•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••
UN PO’ DI STORIA:

★ CHARLESTON ★
Che cos’è?
Il charleston è un ballo jazz diffusosi intorno agli anni venti, prima in America e poi in Europa. Ha un andamento veloce e brillante, un ritmo sincopato in 4/4. Il charleston è senza dubbio il più brioso, gaio e scoppiettante ballo dell’epoca moderna. Per la sua struttura, si stacca nettamente da tutti gli altri balli, possedendo una personalità inconfondibile e inimitabile.
Deve il suo nome alla città di Charleston, nella Carolina del Sud. Divenne popolare negli Stati Uniti nel 1923 grazie alla canzone The Charleston di James P. Johnson.
Il celebre film “Cotton Club” di F.F.Coppola ce ne mostra alcuni esempi: in questo film lo snodarsi delle vicende è scandito dal ritmo del tip tap e del charleston che fanno da sfondo alla New York dei tempi del proibizionismo.
I Ruggenti anni Venti erano quelli di Al Capone, delle sparatorie tra bande di gangster e dei fumosi club dove spesso, come nel film, qualcuno moriva a ritmo di claquette. Ma erano anche gli anni dell’old jazz, delle donne con il caschetto e i cappellini a cloche, dei primi abiti corti, con la vita bassa e la gonna plissettata, delle grosse Ford dalle quali scendevano le ingioiellate signore che andavano a ballare il charleston. Tra i balli di derivazione jazzistica in voga in quel periodo il charleston era il più scatenato (il tip tap si sarebbe esteso al grande pubblico solo a partire dagli anni trenta): i movimenti che lo caratterizzavano erano così frenetici e la musica d’accompagnamento così sfrenata che qualcuno malignamente arrivò a definirlo una sorta di delirio collettivo.
Non potevano certo immaginare che il charleston era solo il punto di partenza di un’evoluzione del ballo – o meglio, di una rivoluzione – che, nata dall’incontro con la musica afro-americana, avrebbe generato nell’arco di poco fenomeni quali il Lindy Hop, il Boogie Woogie e il Rock’n’Roll.
Il charleston infranse tutte le regole dei balli da sala di provenienza europea. Il suo passo consiste nel gettare all’esterno le gambe con le punte dei piedi rivolte all’interno cercando di mantenere le ginocchia unite. Seguono poi calcetti veloci, contorsioni, salti e tutto ciò che suggeriva il ritmo fortemente sincopato e swinging della musica jazz, sottolineato dal suono di un nuovo strumento a percussione annesso alla grancassa – spesso poi infatti chiamato “charleston”- costituito da due piatti di metallo posti uno sopra l’altro. Sembra che i primi a ballare una forma di charleston fossero stati gli scaricatori neri del porto dell’omonima città statunitense (Sud Carolina); si ispiravano ai movimenti che solitamente eseguivano per caricare o scaricare le merci dalle navi. Ma è possibile che questo modo di ballare avesse origini molto più lontane: alcuni studiosi infatti ne riconducono i movimenti di base alle danze propiziatorie delle tribù africane.
La brillante idea di portare il nuovo ballo dalle banchine del porto di Charleston ai teatri di mezza America venne all’impresario George White, che nel 1923 lo inserì nel programma della rivista musicale “Runnin’ Wild”. Lo spettacolo, interpretato da una compagnia di artisti neri, fu presentato per la prima volta a Broadway e da lì fece il giro di tutte le città del Sud degli Stati Uniti. Il charleston eseguito dai cantanti-ballerini del “chorus” di White non prevedeva alcun accompagnamento musicale: la scansione ritmica era data dal battito delle mani e da quello dei piedi sul pavimento. Durante lo stesso anno Ned Wayburn, direttore artistico della compagnia di Florenz Ziegfeld, introdusse un numero di charleston in “Follies 1923”, in scena al New Amsterdam Theatre di New York.
Sulla scia del successo di questi primi esperimenti altri coreografi lo inserirono nei loro spettacoli musicali e nel giro di pochi mesi il charleston raggiunse anche le sale da ballo, in una versione molto semplificata poiché solo i professionisti erano in grado di eseguire i salti, i lanci di gambe e le acrobazie che caratterizzavano le coreografie teatrali. Ma, nonostante la rielaborazione dei passi ad opera degli insegnanti e l’aggiunta di figure prese dal two step e dal fox trot, lo stile rimase invariato.
Nel cuore di Harlem, dove la vita quotidiana si svolgeva all’insegna della miseria più atroce, si trovavano le elegantissime sale da ballo del Connie’s Inn, del Savoy Ballroom e del leggendario Cotton Club.
Il 1925 fu l’anno della diffusione del charleston in Europa. La canzone “Yes sir! That’s my baby”, che allegava al disco i passi e le figure del ballo, fece il giro del mondo; la versione italiana, nota come “Lola, cosa impari a scuola”, scatenò una tale frenesia che il Ministero della guerra vietò agli ufficiali di ballarlo perché inconciliabile con il comportamento dignitoso imposto dalla divisa.
A Parigi la “charleston mania” fu portata dalla “Revue Negre” di N. Sissle, in scena al Théâtre des Champs-Eliséees: nel ruolo di solisti si esibivano Louis Douglas e Joséphine Baker, ormai soprannominata “Venere Nera” per la sua esotica bellezza e per la grande sensualità che emanava. Aggressiva, trasgressiva e al tempo stesso raffinata, ballava e contava a ritmo di “Yes, We Have no Banana” con addosso soltanto un gonnellino di banane. Dopo l’esplosione del charleston a Parigi fu la volta dell’Inghilterra. Nel luglio 1925 il Dancing Times organizzò un “tè danzante” allo scopo di insegnare ai maestri inglesi la tecnica del nuovo ballo. Il riscontro con il pubblico apparve travolgente: gli inglesi furono colti da una frenesia anche maggiore dei parigini. Si ballava per le strade e nelle piazze, spesso provocando ingorghi di traffico; a Londra, nella nota Piccadilly Circus, poteva persino capitare di assistere a esibizioni improvvisate sui tetti delle auto all’insegna dei più frenetici sgambettamenti: il ritmo era quello di “I’d Rather Charleston”, il pezzo più in voga allora. Quando, appeso all’ingresso di molte sale da ballo pubbliche, cominciò a comparire un cartello con la sigla P.C.Q. – “Please Charleston Quite”, nacque il flat charleston, una versione molto più tranquilla. A scagliarsi violentemente contro il nuovo ballo erano in molti – il Daily Mail arrivò persino a definirlo “una reminiscenza dei riti orgiastici dei neri” – ma sicuramente meno di quanti amavano ballarlo
Attorno al 1920 le donne ottennero – in molti Paesi – il diritto di votare. Le donne del charleston non furono dunque solo quelle che portavano i capelli alla garçonne e le gonne corte, che fumavano e guidavano l’auto, ma furono anche le prime a godere di uno stato di parità tra i sessi, se non sociale, almeno politico. Non si erano soltanto liberate dei lunghi gonnelloni che ne impacciavano i movimenti, ma erano riuscite a lasciarsi alle spalle una condizione d’inferiorità che le ingabbiava in un ruolo totalmente passivo.
Il periodo che si aprì con la fine della prima guerra mondiale fu caratterizzato da una tale euforia e smania di divertimento che il ballo assunse un ruolo di primo piano nella vita sociale. Il charleston rispose innanzi tutto al bisogno di svago della gente, e consentì di vivere in maniera più libera i rapporti sociali: la presenza di un partner costante era infatti del tutto trascurabile in questa danza, e la ballerina scopriva una libertà di scelta che prima non aveva mai avuto.
Ma se il charleston fu da un lato espressione di una maggiore libertà e simbolo di una, se pur ancora timida, emancipazione femminile, dall’altro rappresentò un punto di svolta rispetto alle tecniche precedenti.
Tuttavia la voga del charleston non durò a lungo: ben presto venne soppiantato dal quick step, dal lindy hop, dal black bottom e dagli altri balli jitterbug che, accentuando la tendenza a dare spazio all’esecuzione solistica, provocarono quell’apertura della coppia che avrebbe caratterizzato i generi seguenti.
Nonostante la sua breve durata, il charleston contribuì a creare una delle immagini più suggestive di quel decennio “ruggente” che aveva visto nascere la radio e il cinema sonoro che si concluse con il crollo di Wall Street nel 1929.
•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••
★ BOOGIE WOOGIE ★
Che cos’è?
E’ uno stile pianistico e di ballo costruito sulla struttura armonica del blues.
Si balla su musica Swing o sui ritmi Rock’n’Roll, è un ballo divertente e spettacolare. Movimenti rapidi, footwork elaborati ed evoluzioni aeree sono solo alcune delle cose elettrizzanti che permette di fare questo stile di ballo!
Si tratta di una danza non strutturata, su una base a 6 tempi, spontanea, nata dalla mescolanza di più stili, con una notevole carica vitale, sfacciata e ironica.
Il Boogie come stile musicale è nato alla fine del 19º secolo negli Stati Uniti e più precisamente negli Stati della Louisiana e del Texas.
La comunità nera utilizzava questo tipo di musica per divertirsi cantando e ballando nelle baracche dopo il lavoro. I musicisti che accompagnavano i ballerini al pianoforte solitamente viaggiavano in treno da un paese all’altro, spesso suonando a bordo del mezzo durante il tragitto. Il rumore degli assi sui binari produceva un suono che disturbava la musica, ma allo stesso tempo era distintivo e ritmato proprio per questo i musicisti decisero di giocare su di esso, creando quello che oggi conosciamo come il classico “ta-da”.
Poiché i carrelli ferroviari si chiamavano Bogies, tale ritmo venne chiamato Bogie-Woogie, che rapidamente si è evoluto in Boogie Woogie.
Il primo Boogie è datato 1927 e porta appunto il titolo di Honky Tonk Train Blues, l’autore fu Meade Lux Lewis.
Altre ipotesi sull’origine del nome vuole che derivi da un termine dialettale usato negli stati del sud ossia “Boogie=osceno” e da un ballo, il “Woogie”, tipico della popolazione nera di Anniston in Alabama.
Il nome Boogie-Woogie divenne di pubblico dominio quando un noto interprete dell’epoca, Pinetop Smith, specialista dello stile, chiamò nel 1928 “Pinetop’s Boogie Woogie” un suo brano per pianoforte.
Fu solo alla fine degli anni ’30 che il B-W si guadagnò una reputazione presso il grande pubblico, durante un grande concerto, “From Spirituals to Swing”, organizzato presso la Carnegie Hall di New York.
Si ascoltava Boogie Woogie ovunque in quel momento, se ne parlava sulla stampa e si sentiva ovunque alla radio. Persino il pubblico bianco scoprì questa musica.
A partire da quel periodo venne commercializzato e numerose jazz-band cominciarono ad includere il Boogie nel loro repertorio.
Questi stili acquistarono rapidamente spazio fra i giovani del tempo (1920-1950), entrando profondamente nella vita e nelle abitudini degli americani sia come musica che come ballo.
Per citare un fatto storico, dischi swing e B-W furono destinati alle truppe USA durante la seconda guerra mondiale per tenere alto il morale dei soldati.
Fu grande la suggestione prodotta da tutto questo, infatti dopo la guerra se ne diffuse sia lo studio che la pratica.
Successivamente, l’avvento del rock and roll fece rapidamente passare in secondo piano il Boogie Woogie.
L’ASPETTO MUSICALE
Il Boogie è per lo più caratterizzato da uno stile potente, molto vivace ed efficace. Il più delle volte veniva suonato al pianoforte; con la mano sinistra si riproducevano le note in modo ripetitivo e sincopato, fornendo il caratteristico ritmo energico e regolare di questo stile musicale, mentre con la mano destra spesso si improvvisava una semplice melodia. Da questa tecnica specifica, con ogni mano che gioca un ruolo diverso, emerge una musica unica, ritmata e melodica.
Questo era lo stile caratteristico dei pianisti che suonavano in piccoli locali per far ballare le persone, interpretando loro stessi il ruolo di un vero e proprio “one-man band”, allo stesso tempo un batterista, bassista e solista.
Lo strumento che prevale in questa musica è il pianoforte, base praticamente di ogni brano, accompagnato dal contrabbasso e dalla batteria.
•••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••••